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Chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato

George Orwell
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
E' una bella notizia che, evidentemente, consolida quello che nel post precedente avevo sottolineato essere il vero elemento di novità dell'inchiesta.

Ora l'augurio è che i magistrati possano raccogliere degli elementi a supporto delle dichiarazioni di Raso e Circhetta.

Questi i due lanci ANSA

ROMA, 03 LUG - La procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine relativo alle dichiarazioni di due artificieri che spostano alle 11 l'ora del ritrovamento della Renault 4 con il cadavere di Aldo Moro e la presenza dell'allora ministro degli Interni, Francesco Cossiga, in via Caetani. (ANSA). TB 03-LUG-13 17:15 NNNN 03-07-13 1716

(Ansa) MORO: ALTRO FASCICOLO PM, SU ORARIO RITROVAMENTO CORPO (2)

(ANSA) - ROMA, 3 LUG - La telefonata con cui le Br annunciarono l'uccisione dello statista era delle 12,30. Il fascicolo, affidato al pm Luca Palamara, e' connesso a quello aperto recentemente sulla base di un esposto di Ferdinando Imposimato in base al quale la morte dell'allora presidente della Dc poteva essere evitata. Il nuovo procedimento e' stato avviato d'ufficio ed ha preso spunto da notizie diffuse a proposito della versione dei due ex antisabotatori. Questi ultimi potrebbero essere convocati a breve a piazzale Clodio per essere sentiti come testimoni. La loro versione e' tuttavia smentita dal giornalista Franco Alfano, che all'epoca dei fatti, 35 anni, lavorava per GBR, e per primo arrivo' con il suo operatore in via Caetani. Secondo il giornalista la Renault fu aperta dagli artificieri alle 14. (ANSA). Y13-TB 03-LUG-13 17:23 NNNN 03-07-13 1724
 
Sul numero in edicola oggi il settimanale L'Espresso ha pubblicato, un po' alla chetichella, per dire il vero, una notizia che appare molto importante.
Forse il poco spazio e l'essenzialità del trafiletto sono dovuti al fatto che c'è in atto un'inchiesta. Questa, ad ogni buon conto, è la notizia:

"La Procura di Roma di nuovo alle prese con il caso Moro. Un rapporto della Procura di Novara è arrivato nelle mani dei PM capitolini: raccoglie la testimonianza di un giovane militare di leva che fu inviato dopo il 23 aprile 1978 in un appartamento vicino al covo di via Montalcini con altri commilitoni. il militare, 30 anni dopo, ha deciso di raccontare la sua esperienza: gli dissero quel giorno che doveva dare una mano a controllare, ad esempio, i netturbini o i tecnici che installarono nei lampioni stradali telecamere puntate verso il covo prigione. Poi il giorno prima del 9 maggio (quando Moro venne ucciso) lui e i suoi colleghi furono prelevati e rimandati alle loro originarie destinazioni, con la minaccia di pesanti ritorsioni per chi non stava zitto."

Se i giudici romani hanno deciso di aprire un'inchiesta, del concreto ci sarà pure. Anche se i malpensanti staranno qui a dire che trattandosi della prigione cosiddetta "ufficiale" qualsiasi cosa può servire a consolidare
l'acquisito. E l'acquisito, in questo caso, è: i brigatisti hanno tenuto Moro per 55 giorni in via Montalcini ma qualcuno li ha individuati e ha preferito controllarli piuttosto che intervenire...

Riflettiamo su alcuni particolari, forse insignificanti, ma che non tralascerei del tutto.

Innanzitutto sembra singolare che per un'operazione così delicata siano stati utilizzati dei militari di leva che sia per la giovane età sia per un mancato addestramento specifico non avevano l'esperienza necessaria a gestire eventuali situazioni di emergenza.

In secondo luogo appare scontato oggi parlare di telecamere nascoste, microtelecamere, e via dicendo. Ma nel '78 la tecnologia, sebbene prevedesse già la disponiblità di telecamere di dimensioni ridotte non consentiva risoluzioni tali da poter sfruttare tali attrezzature per spiare un appartamento più di quanto non potesse già fare una macchina fotografica.

E visto che chi avrebbe spedito i commilitoni in via Montalcini aveva previsto che si appoggiassero ad un appartamento vicino al covo, mi chiedo perchè non sfruttarlo per far fare delle foto avvalendosi di personale dell'anti-terrorismo o comunque di professionisti.

Non lo so, ma questa cosa mi sembra davvero una "pezza a colori", come si suol dire. Sarebbe interessante sapere da quanto tempo gli inquirenti ci stanno lavorando su. Sarà sicuramente un caso ma questo nuovo "pentito" giunge a pochissima distanza da un altro pentito, stavolta vero, che ha parlato di via Gradoli come prigione di Moro.

Attendiamo fiduciosi gli sviluppi
 
Di Manlio  10/11/2008, in Giudiziario (8276 letture)
La Fiat 130 su cui viaggiava Aldo Moro il 16 marzo del '78 e l'Alfetta di scorta che lo seguiva erano custodite, prima della recente demolizione, presso il museo della Motorizzazione Civile di Roma. Ma la R4 che rappresentò la prima "bara" di Aldo Moro che fine aveva fatto?
Strano ma vero, era stata restituita al legittimo proprietario Filippo Bartoli e dimenticata nella periferia romana abbandonata al proprio destino in un deposito utilizzato anche come pollaio.
Fino a quando il giornalista del Resto del Carlino Giorgio Guidelli si è messo sulle sue tracce e l'ha ritrovata >>Leggi l'articolo<< ricavandone anche un bello ed emozionante libro dal titolo "L'auto insabbiata" .

Guidelli è tornato nell'abitazione del Sig. Bartoli il 9 maggio scorso in occasione della prima giornata nazionale dedicata alla memoria delle vittime del terrorismo per mostrare alle telecamere quello che a parere di tutti può essere un simbolo della nostra memoria. Ma l'auto non c'era più!

E' successo che a seguito del clamore suscitato dall'articolo e dal libro di Guidelli, Filippo Bartoli ha riconsegnato l'auto al cognato in quanto la medesima era di proprietà della ditta edile a lui intestata.
Su sito della Televisione della Svizzera Italiana (RTSI.ch) è possibile visionare il TG del 9 maggio ed il servizio dedicato al nuovo tentativo di Guidelli di mostrare al mondo l'importante reperto. Ho voluto riporatre sul blog l'audio del TG in caso  di difficoltà tecniche di collegamento al sito dell TV Svizzera.


Due cose sembrano certe.
Il cambiamento di atteggiamento del Sig. Bartoli e della moglie (sorella della persona che avrebbe preso in carico l'auto) che addirittura minaccia di chiamare la Polizia. Il Sig. Bartoli ha anche ricordato di aver ricevuto una telefonata dalla Questura che lo invitava a "chiudere la questione così...". Per la precisione Guidelli, sul suo taccuino, ha appuntato il termine "bruciarla".

Dall'altro lato appare molto strano che a seguito del ritrovamento e con la tecnologia oggi a disposizione, nessun magistrato abbia provveduto ad una nuova perizia. Una nuova analisi scientifica condotta sull'automobile potrebbe raccontare nuovi particolari o, quanto meno, confermare elementi noti dando inequivocabile conclusione ad una serie di speculazioni che nel corso di 30 anni si sono susseguite. Del resto, nell'ambito della vicenda Moro, la situazione non sarebbe nuova. Nel '94 a seguito del ritrovamento di un nuovo proiettile nel bagagliaio dell'alfetta di scorta, si era proceduto con una nuova perizia balistica per appurarne la provenienza. Al contrario di ciò che ipotizzavano i cosiddetti "dietrologi" (e cioè che fosse la prova di una settima arma brigatista) i periti Domenico Salza e Pietro Benedetti dimostrarono che tale colpo fu sparato da un'arma già nota e sequestrata e che, causa un errato caricamento in quanto non adatto ad essa, ne fu anche motivo di inceppamento.

Come mai, allora, nessun magistrato ha ritenuto di dover sottoporre la R4, appena ritrovata, ad una nuova perizia tecnica? E come mai, invece, l'auto è nuovamente sparita?
 
Di Avv. Valter Biscotti  05/10/2007, in Giudiziario (1900 letture)
Sto approfondendo la lettura dell'immensa documentazione prodotta sul caso Moro e volevo rendervi partecipi della mia ultima piccola scoperta.

La mia attenzione si sta soffermando, in particolare, sul tema specifico degli interrogatori di moro.

I più attenti ricorderanno che Moretti, nel suo libro intervista, parla delle trascrizioni definendole difficoltose ed accennando a due cassette che lui sostiene essere state successivamente distrutte.
Ma subito dopo dice "a un certo punto smettiamo perfino di registrare" (pag158).
Vorrei sottolineare il PERFINO .

Questo significa che sono esistite altre cassette oltre a quelle che lui dice di aver distrutto.

Poichè in via Monte Nevoso si stava lavorando a ciò che doveva essere reso pubblico del processo a Moro non può escludersi che la redazione dei testi (il memoriale del '78 è di fatto un sunto del vero e proprio memoriale autografo di Moro del 90) possa essere anche avvenuta sulla base di un eventuale riascolto degli interrogatori (quelli registrati).

Concluso il mio ragionamento, mi dico: "Sta a vedere che magari anche in via Monte Nevoso c'erano delle cassette".
Vado a Roma alla biblioteca del Senato a consultare gli atti della commissione e, tra gli oggetti repertati in via Monte Nevoso, trovo un registratore a cassette con uno di quei fili-auricolari per l'ascolto e ben 11 cassette di cui mai , dico mai, nessuno ha parlato.
Esattamente come per quelle di via Gradoli per le quali, ricordo, il verbale dell'agente che le sbobinò, parlava di "persona che parla con compagni di articolo".

 
Di Manlio  13/09/2007, in Giudiziario (1649 letture)
In questa sezione sono pubblicati interventi legati alle novità o agli aspetti legati ai processi.
 
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