Di seguito gli articoli e le fotografie pubblicati nella giornata richiesta.
Articoli del 11/01/2009
 Ieri sera sono andato a vedere lo spettacolo teatrale scritto da Corrado Augias e Vladimiro Polchi " Aldo Moro: Una tragedia italiana" a Lecce, presso i Cantieri Teatrali Koreja. Lo spettacolo è in tour dalla scorsa primavera, occasione del trentennale del rapimento del Presidente della DC. Non me ne avevano parlato bene, ma nonostante ciò sono andato al teatro, anche con entusiasmo e convinzione. La mia delusione non è stata dettata dalla qualità dei contenuti, che reputo eccellente. E del resto la firma di Augias in tal senso era una garanzia assoluta. No. Quello che mi ha deluso sono state le scelte relative all' approccio politico e all' idea drammaturgica. Mi spiego. La scelta politica è davvero riduttiva. La narrazione degli eventi, infatti, confluisce nella domanda finale sul "Polis o Pietas" mutuata dall'Antigone di Sofocle. Ripercorrendo gli avvenimenti e le lettere di Moro nelle diverse fasi della prigionia sembra, secondo Augias, che davvero l'essenza di tutto sia la contrapposizione tra fermezza e trattativa. Ormai non ci crede più nessuno che non vi furono trattative. Le trattative ci furono eccome, a diversi livelli e tra diversi interlocutori. Il problema è che qualcuno rincorreva le trattative per boicottarle. E al termine prevalse la forza di chi, una volt che pensava di essersi liberato di Moro, non aveva nessuna intenzione di ritrovarselo vivo. La scelta drammaturgica, invece, mi ha lasciato sconcertato. Lo spettacolo inizia con un'abbondante serie di filmati che riguardano l'agguato di via Fani. Prosegue con una voce narrante che illustra gli eventi al pubblico. Tra voce narrante e immagini, si inserisce la figura di Aldo Moro che legge le lettere più significative. Se fosse stata una puntata di Enigma, sarebbe stata da antologia. Una specie di "La notte della Repubblica" di Zavoli in un bignami che scandisce perfettamente gli avvenimenti e li contestualizza nella vicenda. Ma diavolo, siamo al teatro, non in TV! La comunicazione teatrale è diversa, la gente non va al teatro per un'opera di divulgazione, ma per cogliere la rappresentazione artistica di un evento. Le possibilità di comunicazione del teatro sono state completamente ignorate (e qui la colpa non può essere di Augias ma di chi si è occupato della trasposizione del testo in forma teatrale) e ne è venuto fuori un "programma di divulgazione di alto livello" che se fosse andato sulla terza rete sarebbe rimasto un pezzo da antologia. Sarebbe bastato inserire dei dialoghi, ad esempio un brigatista che comunciava a Moro cosa avveniva all'esterno e Moro che commentava e cercava di stendere le sue lettere dando indicazioni al suo interlocutore brigatista affinchè l'effetto del messaggio fosse il più efficace possibile. Mah. Non vorrei essere stato troppo severo. Forse sono condizionato da un coinvolgimento nella vicenda che eleva di molto le mie aspettative, forse non era serata. Ma mi piacerebbe avere il parere di altri che hanno assistito allo spettacolo. Mentre ero seduto, anche se non mi annoiavo (come qualcun altro mi ha detto di se a fine serata), ho pensato al bellissimo monologo di Giorgio Gaber "Cosa non mi sono perso". Per godere delle cose che si perdono, è necessario sapere in anticipo quanto si soffre.
 Eccoci di nuovo sulla vicenda Sofri. :: Speciale Sofri-Pinelli:: L’annuncio dell’uscita del libro “ La notte che Pinelli” ha scatenato le solite polemiche. Il record, stavolta, è che il libro non è neanche in libreria! E infatti tutti si sono precipitati ad individuare, nelle poche parole in anteprima, un “mea culpa” di Sofri che riconosceva la responsabilità morale nell’omicidio Calabresi ed una richiesta di perdono da parte dell’ex leader di Lotta Continua. Addirittura il giudice D’Ambrosio si sarebbe sbilanciato nel dare il significato alle parole di Sofri: testimonierebbero la bontà della sua inchiesta! Salvo che poi Sofri, su L’Unità di oggi definisce “implausibili” le conclusioni dell’ex Procuratore capo di Milano ora Senatore del PD. Qualche mese fa (a settembre) definii “prove tecniche di dialogo” i batti e ribatti che seguirono il commento di Sofri alle parole di Mario Calabresi (figlio del commissario).  Adesso si torna a parlare di Piazza Fontana, Pinelli e Calabresi e tutti sembrano volersi affannare nel trovare uno spiraglio per ratificare la storia che la strage fu fatta da “ignoti”, che Pinelli si suicidò perché in qualche modo corresponsabile e che il Commissario Calabresi fu ucciso a seguito di una diffamante e delirante campagna portata avanti dalle organizzazioni di estrema sinistra e dei loro capi che andrebbero riconosciuti come mandanti dell’omicidio. Sarà un caso che da pochi mesi a questa parte prima Sofri insorge, poi Lucarelli inizia a parlare di segreti di Piazza Fontana e adesso Sofri pubblica il suo libro sulla vicenda Piazza Fontana/Pinelli? Il mio suggerimento, a chi ha qualcosa da dire di questi tempi, è di andare cauti. Il rischio di dover delle scuse è direttamente proporzionale alla propria sicurezza dei colpevoli.
Fotografie del 11/01/2009
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