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Piazza Fontana, Mister X e “Il segreto” di Cucchiarelli
Paolo Cucchiarelli è uno dei massimi esperti italiani di stragi, inchieste
parlamentari e grandi misteri insoluti. Si occupa con continuità e competenza di
queste cose da oltre trent’anni, ha al suo attivo vari scoop. Giornalista
parlamentare dell’ANSA, è un mio compagno di lavoro e un vero archivio
ambulante. Ve ne voglio parlare perché nei giorni scorsi questa persona
tenacemente impegnata nella ricerca della verità, sulla cui correttezza nessuno
ha mai potuto dubitare, è stata iscritta nel registro degli indagati per il
reato di false informazioni al pubblico ministero. In pratica, Cucchiarelli,
avvalendosi del segreto professionale che è previsto per i giornalisti dal
Codice di Procedura Penale (art.200) ma solo fino a un certo punto, si è
rifiutato di mettere a verbale il nome di una fonte confidenziale, un fascista
che ha indicato come “Mister X”.
IL CASO - L’iniziativa giudiziaria per la quale Cucchiarelli rischia quattro
anni di carcere è del sostituto procuratore di Milano Armando Spataro che,
esaminando gli elementi utili a riaprire l’inchiesta sulla strage di Piazza
Fontana del 12 dicembre 1969 (17 morti e 88 feriti e finora nessun colpevole),
si è imbattuto nel ponderoso libro-inchiesta “Il segreto di Piazza Fontana”,
(Ed. Ponte alle Grazie 2010, 700 pagine) nel quale Cucchiarelli, citando atti
giudiziari, testimonianze storiche e nuovi elementi venuti a sua conoscenza,
sviluppa la tesi delle due bombe, una buona e l’altra cattiva.
LE DUE BOMBE - Secondo questa tesi, il 12 dicembre 1969 alla Banca Nazionale
dell’Agricoltura esplosero due bombe di diversa matrice. La prima, era stata
messa dagli anarchici a scopo dimostrativo, per causare danni, ma non vittime:
un innesco a tempo doveva farla esplodere dopo la chiusura, quando gli uffici
sarebbero stati deserti. La seconda bomba sarebbe stata piazzata nella sala
contrattazioni della Banca ad insaputa degli anarchici, da terroristi di estrema
destra, che volevano invece provocare l’eccidio e addossarne la colpa agli
anarchici, e più in generale alla sinistra.
LE DUE MEZZE VERITA’ – E’ una tesi suggestiva, che fa tornare i conti di
tante verità di segno opposto emerse nelle varie fasi delle indagini.
Cucchiarelli la ricava, per un verso, da un’inchiesta condotta, insieme a
Fiasconaro e D’Ambrosio, dal giudice Emilio Alessandrini, interrotta nel 1979
quando fu assassinato da terroristi di Prima Linea. Per altro verso,
Cucchiarelli recupera l’altra mezza verità dall’ultima inchiesta condotta dalla
procura di Milano, prima dal giudice Salvini e poi dai giudice Meroni e Pradella.
Dal 1993 a oggi, e soprattutto negli ultimi nove anni, il giornalista ha cercato
le prove, le conferme che fanno capolino in vari atti processuali, ha raccolto
testimonianze a viso aperto e anche le versioni di chi ha accettato di parlare a
condizione di tenere celata la sua identità. E alla fine, da tutto ciò è venuto
fuori il libro, una vera e propria controinchiesta che ha ottenuto molti
apprezzamenti.
GIUDICI E GIORNALISTI - E’ naturale che anche la magistratura abbia notato il
gran lavoro di Cucchiarelli e voglia farne tesoro. Non è naturale che un
magistrato faccia pressioni inaccettabili, al limite dell’intimidazione; che per
conoscere il nome di chi ha ricostruito in modo diverso i fatti di quaranta anni
fa metta sotto inchiesta un giornalista e insista perché riveli le sue fonti
confidenziali. I giornalisti devono fare i giornalisti, come i magistrati devono
fare i magistrati. Ci deve essere la massima collaborazione, ma nel rispetto dei
ruoli e delle reciproche prerogative. Deve prevalere quell’applicazione
intelligente dei codici, che finora, quasi sempre, ha prevalso nel nostro paese;
ha permesso di superare alcune incongruenze, che ci sono, fra le norme che
tutelano l’indipendenza e l’autonomia dei giornalisti e quelle che difendono le
esigenze superiori della giustizia. Chiedere a un giornalista di trasformarsi in
un confidente, non va in questa direzione.
COSA DICE CUCCHIARELLI - “Questo episodio è certamente minimo – spiega
Cucchiarelli - ma, al di là del fatto contingente, conferma una generale
confusione di ruoli e di rapporti tra magistratura e giornalisti con conseguenti
fraintendimenti che a volte possono sfociare, come in questo caso, in un vero e
proprio tentativo di intimidazione nei confronti di un giornalista che ha svolto
una inchiesta su un fronte non facile riempiendo, con il suo lavoro, un “vuoto”
che appartiene proprio ai magistrati di questa Repubblica. Quando il mio lavoro
era ormai sistematizzato ho intervistato tre personaggi potenzialmente in grado
di confermare la mia ipotesi, e cioè: il vice capo degli Affari Riservati,
Russomanno, che ha confermato in pieno; il giudice Paolillo, che fu il primo ad
indagare, per pochi giorni, sulla strage di Milano; e un fascista che ho
chiamato “Mister X”. E’ stata una scelta obbligata. Questo signore, per
rispondere alle domande che gli ho fatto nel tempo, ha posto come condizione di
non essere citato, per la sua scarsa o nulla fiducia nei magistrati italiani. Mi
rifiuto di rivelare il suo nome perché ho assunto l’impegno professionale e
d’onore di non rivelarlo”.
PROTEGGERE I GIORNALISTI - Il caso Cucchiarelli ci sollecita ad approfondire
la riflessione sul vuoto legislativo che c’è nel nostro paese, che a noi sembra
evidente, in materia di protezione del diritto di cronaca. Un problema che si
trascina da anni insoluto, che si manifesta sempre più spesso e nel modo più
drammatico, con i casi di cronisti minacciati con la violenza o intimiditi da
perquisizioni pervasive o ridotti sul lastrico da pretese di risarcimento che
non hanno limiti né filtri e spesso hanno un evidente carattere intimidatorio e
un effetto censorio. E’ il tema che affrontiamo nel nuovo rapporto di “Ossigeno
per l’informazione”, che renderemo noto nelle prossime settimane.
di Alberto Spampinato (cons. naz FNSI – direttore di Ossigeno per
l’Informazione, 22 luglio 2010)
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