|
|
Ustica, un filo lega il Dc9 a traffici nucleari italiani
C'é un filo che collega Ustica con il traffico nucleare che l'Italia gestiva
a cavallo degli anni Ottanta e che riguardava principalmente l'Iraq. Non è una
tesi nuova ma un libro appena uscito la ripropone con una documentazione che fa
riflettere : 'Avvelenati' di Manuela Iatì e Giuseppe Baldessarro è
edito da una piccola ma combattiva casa editrice calabrese, Città del Sole. Un
filo, quello che illustra l'inchiesta, che passa per la Basilicata e che ha già
più volte interessato la commissione parlamentare ecomafie e i magistrati della
Basilicata ed anche quelli che hanno indagato sulla strage di 30 anni fa.
Avete scritto una inchiesta che intreccia uranio, rifiuti e la strage di
Ustica. Perché e come?
I traffici di rifiuti tossici e nucleari che raccontiamo nel nostro volume
sono quelli di cui si viene a conoscenza a partire dal 1994, grazie a
un'inchiesta della procura di Reggio Calabria. L'inchiesta nasce da un esposto
di Legambiente sull'ipotesi di interramento di rifiuti in Aspromonte, ma arriva
molto lontano, si dirama in decine di rivoli che dipingono "scenari inquietanti"
e inimmaginabili, come scrivono nel 1996 i carabinieri reggini in
un'informativa: la fuga di Licio Gelli dalle carceri svizzere, la morte del
dirigente della partecipazioni statali Sergio Castellari, l'omicidio di Ilaria
Alpi e il caso Somalia e, appunto, il coinvolgimento dell'Enea nei traffici di
rifiuti radioattivi, la vendita di armi all'Iran e all'Iraq da parte dell'Italia
e la strage di Ustica. Questi ultimi tre filoni sono collegati tra loro e
sembrano trovare il loro fulcro nel centro Enea di Rotondella, in Basilicata.
Per le procure lucane, infatti, quel centro sarebbe stato da un lato il punto di
partenza di una serie di traffici di scorie radioattive gestiti dallo stesso
Enea attraverso la 'ndrangheta, dall'altro una sorta di outlet del nucleare, di
centro commerciale per chi volesse acquistare tecnologie e materiali nucleari,
tra cui l'uranio. Le trattative per la vendita a Stati come l'Iraq, e altri i
Paesi arabi sarebbero state condotte dallo Stato italiano, causando la reazione
di Stati Uniti e Israele. Per fermare questi traffici, il Mossad avrebbe
compiuto dei veri e propri atti terroristici. Per esempio l'attentato agli
uffici romani della Snia Tecnit, società del settore di proprietà statale, o la
strage di Ustica. L'ipotesi uscita fuori da queste inchieste è che il Dc9 dell'Itavia
sia stato abbattuto dai servizi segreti israeliani, in quanto trasportava, verso
la Libia, barre di uranio rubate a Bologna, dove c'erano due impianti nucleari
di ricerca gestiti dall'Eni e dall'Agip nucleare. Si ipotizzò addirittura che,
per fornire clandestinamente alla Libia combustibile nucleare, venissero
sistematicamente usati aerei di linea.
Avete trovato tracce di presenze 'particolari' a Rotondella nel 1980?
In quegli anni il centro di Rotondella sarebbe servito anche come centro di
addestramento sulle tecnologie nucleari. I tecnici iracheni e pakistani
avrebbero frequentato lì una serie di stage per apprendere le tecniche,
nell'ambito di una sorta di attività di ricerca e di scambio di informazioni,
tanto che anche lavoratori dell'Enea sarebbero stati in Iraq. Questo e molto
altro viene riferito alla magistratura, per esempio, da Guido Garelli,
personaggio ambiguo, che si diceva appartenente all'intelligence della
cosiddetta ATS (Autorità territoriale del Sahara) e che avrebbe indagato su
Rotondella anche per conto della Gran Bretagna. Apparirà coinvolto in molte
vicende che trattiamo. Alcune sue dichiarazioni hanno trovato riscontro.
L'allora Presidente Carter visitò il centro, quando?
Secondo alcune fonti, l'allora presidente Carter, a seguito di tensioni
internazionali sui traffici che partivano dall'Italia, visitò gli impianti
dell'Enea una settimana prima della strage di Ustica.
Ci sono riscontri documentali alla vostra 'intuizione'?
Una serie di informative degli investigatori e alcuni interrogatori. Per
esempio di Guido Garelli e di un teste chiamato Billy, ingegnere calabrese,
funzionario Enea, presso il quale dal 1975 svolgeva attività di vigilanza per la
radioprotezione dei laboratori dei centri Itrec di Rotondella ed Eurex di
Saluggia. Racconta al pm reggino Francesco Neri della falsificazione dei
registri del materiale radioattivo in entrata e uscita dagli impianti (per far
uscire combustibile nucleare con l'inganno, sotto forma di scarto) e della
fornitura all'Iraq di 12.000 kg di uranio.
Che fine ha fatto questa 'branca' della inchiesta rispetto alla vicenda
del Dc9?
Come racconta lo stesso pm Neri alla commissione sul ciclo dei rifiuti nel
2004, lui chiamò il collega romano Rosario Priore, che si occupava del caso
Ustica e che si recò a Reggio Calabria per acquisire gli interrogatori e la
documentazione fornita dai testimoni, per le parti che potessero interessargli.
Priore avrebbe detto a Neri "tu, dopo vent'anni, mi hai dato la vera causale
della strage", ma lo stesso Neri dice di non sapere quali accertamenti il
collega abbia poi fatto.
Paolo Cucchiarelli (ANSA 26 giugno 2010)
|