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vuoto a perdere

    


 

 


Un documento inedito

Nel libro ho pubblicato la testimonianza di un collaboratore dell'ufficio in via Fani 109 di cui parla il Sig. Bruno Barbaro. Dal suo racconto emergono degli elementi nuovi sui quali nessuno ha ancora fatto chiarezza. Sarebbe interessante poter approfondire con i protagonisti.

Il documento che riassume il racconto di questo impiegato (adesso in pensione) mi è stato fornito dal regista Giuseppe Ferrara che, materialmente, ha raccolto la testimonianza di questa persona che un giorno si presentò volontariamente presso il suo studio dopo aver letto il libro "Misteri del caso Moro" (Massari Editore, 2003).

Questa è la registrazione delle due interviste che David Sassoli ha fatto ad Alessandro Marini, testimone oculare dell'agguato di via Fani, e a Bruno Barbaro che ha confermato di essere il personaggio con il giaccone color cammello che si aggirava tra le auto e i cadaveri subito dopo la fuga del commando brigatista.

E questo, invece, è il documento che Giuseppe Ferrara mi ha consegnato con la descrizione dettagliata del racconto del collaboratore del Sig. Barbaro che, poichè non è rilevante in questa sede, ho preferito chiamare "Signor G".

 

Per quanto riguarda Marini, intervistato dal giornalista SASSOLI nella puntata di ROSSO E NERO del 21 ottobre 1993, ha dichiarato che, dopo il rapimento di Moro e dopo aver evitato la raffica di mitra sparatagli da un brigatista a bordo di una moto, “mi sono visto due persone. Una, riconoscibile perché era il ragazzo che era il titolare del giornalaio dal quale tutte le mattine compravo i giornali…”.

SASSOLI: “E l’altra chi era?”

MARINI: “Un signore, non meglio identificato, che non conoscevo. Un signore distinto, di grossa corporatura, con un cappotto color cammello… Un flash che mi è rimasto nella mente, è di averlo visto in possesso di una paletta”.

SASSOLI: “Quindi lei ha pensato, questo è un poliziotto!”

MARINI : “Sì, qualcheduno che ci dava una mano, perché in quel momento, a differenza di me, era lucido, era più presente alla situazione, quindi poteva dare un contributo maggiore, al soccorso dei fatti”.

 

Nel telegiornale della Terza Rete del 22 ottobre 1993, dopo che lo speaker conduttore ha detto che “le rivelazioni fatte ieri a ROSSO E NERO hanno avuto uno sviluppo importante” e dopo aver ripetuto la messa in onda delle dichiarazioni di Marini qui sopra riportate, SASSOLI intervista Bruno BARBARO.

Ecco il testo:

SASSOLI: Signor Barbaro, ieri sera ha sentito a ROSSO E NERO la testimonianza del sig. Marini. Lei si è riconosciuto nel personaggio con i cappotto di cammello?

BARBARO: “Non il cappotto, ma un giaccone di cammello.

SASSOLI: “Sì, e com’è andata, quel giorno del 16 marzo?”

BARBARO:”Stavo uscendo di casa, prima di… mi sono fermato perché ho sentito sparare. Dopo di che, dopo un po’ di tempo, essendo, non sentendo più niente, sono sceso giù. Nel frattempo però nel scendere ho visto passare una macchina blu, una macchina scura seguita più o meno a una certa distanza da una moto”.

SASSOLI: “Ma lei palette della polizia in mano non ne aveva?”

BARBARO: “No, palette io non ne avevo, perché non faccio il poliziotto, né faccio..

Ah, abito qui dietro e ci ho l’ufficio qui a via Mario Fani 109”.

SASSOLI: “Però qualcuno con la paletta c’era, quella mattina…”

BARBARO: “Nel frattempo, dopo che abbiamo fatto questo, e dopo aver coperto il morto che stava per terra con un giornale, a 50 metri di distanza circa, lassù, dove c’è quell’entrata a sinistra, si è fermata una macchina, un’Alfetta bianca, di quelle vecchie, dove è sceso gridando come un matto una persona con una paletta in mano e gridava frasi sconnesse e via dicendo, proprio come un pazzo, eccetera. E nel mentre io stavo spiegando che c’era la persona a destra della macchina, quella sul sedile di sinistra, cioè, che stava respirando, mi ha dato uno spintone, mi ha buttato sopra una delle ringhiere lì, che mi ha fatto anche male a un dito”.

 

In un terzo incontro che ho avuto con il Signor G. il 31 marzo 2004, questi mi ha dichiarato :

“Il nome della moglie di Barbaro l’ho saputo quando si partecipava agli appalti e ho consultato il certificato di iscrizione  presso la Camera di Commercio della società di Barbaro. Società che prima si chiamava ABP TECNOLOGIE INDUSTRIALI (forse fino al 1975) e poi ha cambiato in IMPRESANDEX. Nella ABP Bruno Barbaro era amministratore e la moglie figurava come socia (con altri che non ricordo, forse uno o due).  Che la signora Licia Pastori Stocchi in Barbaro fosse la sorella del colonnello Pastori Stocchi l’ho saputo dal sig. Ignazio GALIZIA, un sardo di Sassari, che era amico e collaboratore di Barbaro.

Un socio di Barbaro, PERAZZI, geometra, divenne socio del Barbaro al tempo che venne aperto il secondo ufficio in via Alfredo Fusco, mentre l’ufficio di via Fani venne ceduto ad un gruppo di giovani di cui non capii l’attività. Questi qualche volta venivano nell’ufficio di via Fusco, si riunivano per ore in una stanza con Barbaro per discussioni di cui non afferrai il contenuto. Ricordo che Perazzi, che era quello che costruiva le canne fumarie, morì d’infarto.

C’era anche un ragioniere, dipendente del Ministero dell’Agricoltura, che, come me, frequentava l’ufficio di Barbaro come secondo lavoro. Si chiamava INSABATO.

All’interno della società ogni tanto incontravo non solo Galizia e Insabato, ma anche altri di cui non ricordo il nome, che comparivano come collaboratori di Barbaro. Mentre però io avevo un rapporto con lui di tipo subordinato, questi ostentavano amicizia e confidenza con lui, pur essendo nullo il loro rendimento aziendale. Ho avuto l’impressione che venissero pagati per altre prestazioni. Tale aspetto dell’attività della società faceva il péndant con le 8 stanze della seconda sede dell’azienda (quelle in via Alfredo Fusco) che erano tutte ben arredate con scrivanie e mobili d’ufficio ma che erano quasi inutilizzate. Stanze le cui finestre erano per l’appunto affacciate sul parco della Pineta Sacchetti, proprio di fronte alla sede del SISMI (in linea d’aria, 2 Km). Non credo che questo significhi che tra i due edifici si potessero inviare segnali a vista, ma la vicinanza tra il cognato di un comandante dei “gladiatori” e la sede dei servizi segreti militari è per lo meno indicativa. Insomma tutto faceva pensare ad una copertura di attività di intelligence”.

Bruno Barbaro è intervenuto in un post nel quale Giuseppe Vitale stava commentando le "strane presenze" che contraddistinsero la scena negli attimi successivi l'agguato. Nel confermare la parentela con il Col. Fernando Pastore Stocchi, dichiarata dal suo collaboratore ma che fino a questo suo intervento poteva considerarsi solo un'ipotesi, Barbaro ha voluto smentire completamente quanto dichiarato dal Signor G. definendolo "frutto di pura fantasia, vale a dire completamente inventato dalla prima all'ultima parola. La sola verità è che per puro caso, mi sono trovato attore, mio malgrado, di tale avvenimento come, del resto, accertato dal giudice".

Ad eccezione dell'affermazione finale che deve essere considerata opinione personale del Signor G., il resto delle dichiarazioni si riferiscono a fatti che, avendone gli strumenti, potrebbero essere facilmente verificati. E poichè non ho pubblicato il documento fornitomi dal Dott. Ferrara per finalità di scoop nè per danneggiare l'immagine di nessuno ma solo per fornire ulteriori elementi che potrebbero risultare utili a chi ha gli appropriati strumenti per valutarne l'importanza, ho proposto al Sig. Barbaro di poter raccogliere anche la sua smentita rispondendo ad alcune domande sia relative alle notizie riportate dl suo collaboratore sia, e soprattutto, alla sua esperienza oculare di testimone di un avvenimento storico tra i più drammatici ed eclatanti della nostra storia.

Barbaro ha, molto gentilmente, accettato la mia proposta ed il 20/02/2009 gli ho spedito a mezzo eMail 18 domande. Il 10/03/2009 ho scritto una nuova mail per sapere se avesse avuto modo di leggerle e se fosse sua intenzione rispondere. Ad oggi, purtroppo, non ho ricevuto risposta.