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Un non-compagno che sbaglia
02/05/2008 - L'Espresso - Umberto Eco
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Un non-compagno che sbaglia
Da una premessa tutto sommato accettabile, sullo Stato imperialistico delle multinazionali, le Brigate Rosse traevano tre conclusioni sbagliate e deliranti
Umberto Eco

In un sito Internet che si intitola 'La storia nascosta' si virgoletta una mia presunta dichiarazione a 'El Pais' e mi si fa dire:"Le Brigate rosse avevano un'idea giusta di combattere le multinazionali, ma hanno sbagliato nel credere nel terrorismo". Se ne deduce pertanto che io condividerei la formula 'compagni che sbagliano', e che sosterrei che "le idee erano condivisibili, erano i metodi che non andavano". E conclude: "Se è questo il contributo di riflessione della cultura italiana, a trent'anni dall'assassinio di Aldo Moro, è un film già visto. Purtroppo". 

Il sito raccoglie tuttavia anche i commenti dei visitatori e trovo sensato l'intervento di un anonimo che scrive "ho qualche dubbio che il Prof. Eco abbia pronunciato parole così banali. Nel 'Pendolo di Foucault' c'è (tra mille altre cose) una sua personale valutazione degli anni di piombo, che di certo non esalta il mondo del terrorismo. Sarei curioso di sentire le sue parole esatte, e non la versione che ci arriva dai giornali". Invece il tenutario del sito non solo non ha letto né il mio 'Pendolo di Foucault' né gli articoli che scrivevo su 'Repubblica' ai tempi dell'affare Moro e che ho poi ripubblicato nel mio libro 'Sette anni di desiderio' (ed è suo diritto, che difenderò sino alla morte), ma ho il sospetto che non abbia letto neppure la mia intervista al 'Pais' e si sia basato su alcuni trafiletti italiani che ne riassumevano alcune battute. Dedurre da premesse incomplete e fallaci è errore di logica, e non può essere riconosciuto come diritto.

Tuttavia rispondo per rispetto di quel prudente anonimo che invece usa leggere, e per altri che dalla visita a questo sito malizioso potrebbero essere condotti (in buona fede) sul sentiero dell'errore.

Le cose che avevo detto nel corso di quell'intervista spagnola erano le stesse che avevo scritto trent'anni fa. Dicevo che i giornali definivano 'deliranti' i comunicati delle Brigate rosse quando sostenevano che esisteva il cosiddetto SIM, ovvero lo Stato Imperialistico delle Multinazionali, mentre questa (anche se espressa con una formula un poco folkloristica) era l'unica idea non delirante di tutta la faccenda, salvo che non era la loro, ma l'avevano presa a prestito da molte pubblicazioni europee ed americane, in particolare dalla 'Monthly Review'. Parlare allora di Stato delle multinazionali voleva dire ritenere che gran parte della politica del globo non era più determinata dai singoli governi, bensì da una rete di poteri economici transnazionali che poteva decidere persino delle guerre e delle paci. A quei tempi l'esempio principe era quello delle Sette Sorelle petrolifere, ma oggigiorno anche i ragazzini parlano di globalizzazione e globalizzazione vuole appunto dire che noi mangiamo insalata coltivata nel Burkina Fasu, lavata e impacchettata a Hong Kong, e spedita in Romania per essere distribuita poi in Italia o in Francia. Questo è il governo delle multinazionali, e se l'esempio vi pare banale, pensate come grandi compagnie aeree transnazionali possano determinare le decisioni del nostro governo circa il destino dell'Alitalia.

Quelle che erano veramente deliranti nel pensiero delle Brigate rosse e dei gruppi terroristici affini erano le conclusioni che ne traevano: primo, che per battere le multinazionali si dovesse fare una rivoluzione in Italia, secondo che per metterle in crisi si dovessero ammazzare Moro e tante altre brave persone, terzo che le loro imprese avrebbero spinto le masse proletarie a fare la rivoluzione.

Queste idee erano deliranti anzitutto perché la rivoluzione in un solo paese alle multinazionali non avrebbe fatto né caldo né freddo, e in ogni caso la pressione internazionale avrebbe rapidamente ristabilito l'ordine; secondo perché il peso di un politico italiano, in questo gioco di interessi, era del tutto irrilevante; e terzo perché si doveva sapere che, per quanta gente i terroristi avessero ammazzato, la classe operaia non avrebbe fatto la rivoluzione. E per sapere questo non era necessario prevedere lo svolgimento degli eventi, ma bastava vedere quello che era successo nell'America Latina coi Tupamaros uruguayani e movimenti analoghi (che al massimo avevano convinto i colonnelli argentini a fare non la rivoluzione ma il colpo di Stato), mentre le masse proletarie non muovevano un dito.

Ora chi trae tre conclusioni sbagliate da una premessa tutto sommato accettabile non è un compagno che sbaglia. Se un mio compagno di scuola avesse affermato che il sole gira intorno alla terra o che due più due fa cinque non lo avrei definito un compagno che sbagliava bensì un coglione. Il fatto che oggi ritroviamo persino un terrorista rosso occupato a fare attentati alle moschee nel nome della Lega, mostra appunto che non erano molto assennati.

Pertanto l'unico compagno (ma di chi?) che sbaglia è il signore che gestisce quel sito.
 

L'Espresso, La bustina di Minerva (02 maggio 2008)