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Quell'inutile riscatto. Parla Cirillo, il politico campano rapito dai brigatisti nel 1981.
21/01/2011 - Lettera43.it - Enzo Ciaccio
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Quell'inutile riscatto
Parla Cirillo, il politico campano rapito dai brigatisti nel 1981.

 

 

«Furono i miei carcerieri  a raccontarmi che sarei stato presto liberato anche se la Dc non si fosse mobilitata per pagare il riscatto. Le Br avevano già visto esaudite molte richieste, in particolare la pubblicazione sui giornali del proclama ai terremotati. Pasquale Aprea, uno del commando, mi confermò che non c’era più interesse a tenermi segregato, che anzi era urgente rispedirmi a casa. Ma, aggiunse, proprio in quelle ore Giovanni Senzani, il leader del commando, stava provando a spillare un po’ di soldi dal rapimento. Il suo era solo un tentativo “aggiuntivo”, che non avrebbe condizionato la mia imminente liberazione. E invece, a sorpresa, prevalse la paura di un secondo, tragico epilogo come per Moro. E il riscatto venne pagato».

 

UNA VITA COME UN ROMANZO.
L’uomo è asciutto e lucido, la voce limpida da giovanotto. «Un libro? Mi sollecitano in tanti, ma non ho voglia di scrivere». Famiglia d’origine sterminata sotto le bombe. Traversìe da romanzo. Ma se li coccola al meglio, i suoi novant’anni infastiditi solo da un po’ di tosse che è figlia di bronchite antica, contratta durante la prigionia di quei giorni da incubo. Vecchiaia silente, la sua. Ma serena, sì o no? «Troppe tragedie, troppi dolori e lutti. Serenità è parola enorme. E distante».

 

IL RISCATTO.

Chi dice tre miliardi (di lire) chi un miliardo e 450 milioni. Consegnati, come prezzo del riscatto, al brigatista Giovanni Senzani, il criminologo da pochi giorni tornato in libertà. Si propaga la notizia del clamoroso pagamento. Scoppia un putiferio di polemiche. «Lo Stato ha finanziato le bierre e i camorristi», scrivono urlando i giornali dell’epoca. Il sequestro di Ciro Cirillo, trent’anni dopo.

Per Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, rappresenta «una delle pagine più nere della storia repubblicana»: 89 giorni di bugie e depistaggi, di nebbia democratica che il tempo non dirada.

 

Un sequestro e un riscatto pieni di ombre

 

Era il 27 aprile 1981, ore 21,45: Cirillo, ex presidente della Regione Campania, capo della commissione campana sul terremoto, venne sequestrato da un commando nel garage di casa sua, in via Cimaglia a Torre del Greco. Conflitto a fuoco. Morirono il maresciallo Luigi Carbone, che gli faceva da scorta, e l’autista Mario Cancello. Restò ferito alle gambe il suo segretario.

 

LA MEDIAZIONE COI TERRORISTI.

Per mediare con i terroristi e favorire la liberazione del rapito si mobilitò Raffaele Cutolo, il capo della Nuova Camorra, detenuto nel carcere di Ascoli Piceno. Lì, nei giorni della trattativa, si recano in processione esponenti dei servizi segreti, uomini politici della Democrazia cristiana, mediatori di ogni risma. Il fantasma di Aldo Moro incombeva. Lo Stato pagò. Cirillo fu liberato.

Con i soldi di quel riscatto le bierre comprarono armi, organizzarono nuovi agguati, uccisero altre vite.

 

LA RIVELAZIONE DI CIRILLO.

E adesso, dopo trenta anni, Cirillo dichiarò a sorpresa di sapere che, riscatto o no, lui sarebbe stato comunque liberato. E che quindi pagare quell’orrendo balzello fu forse inutile. E di sicuro evitabile. Così Cirillo ha raccontato: «Fu Senzani a chiedermi se fossi in grado di versare una forte somma su un loro conto corrente in Francia. Indossava una tuta rossa, col volto coperto e il forte accento toscano».

 

Domanda. Lei tornò libero, ma la Dc la mise da parte.

Risposta. Fu Gava a sottopormi la lettera di dimissioni. A malincuore. Tra i big, mi difese Giovanni Leone. Ho pianto.

D. Fu un sequestro a sorpresa?

R. Qualche mese prima erano stati trovati documenti in cui le bierre annunciavano l’intenzione di rapire Gava, me e il prefetto Amari. Avvertii chi dovevo, ma mi derisero.

D. Un errore di sottovalutazione?

R. Poco dopo il ministro dell’interno mi tolse perfino l’auto di scorta.

D. Chi era il ministro?

Un democristiano (ndr: era Virgilio Rognoni).

D. E poi, quella sera di aprile…

R. E pensare che il povero maresciallo mi aveva sempre ripetuto: presidè, spero che non succeda mai niente… sa, io non ho mai sparato in vita mia.

D. Il suo capo-scorta non aveva mai sparato?

R. No.

D. Che altro le raccontavano i carcerieri?

R. Che mi avevano seguito per un anno e mezzo, prima di rapirmi. Ma nessuno se ne era accorto. Che nel piano di fuoco era previsto anche il ferimento di mia moglie, che quella sera per un caso non era con me.

D. I magistrati l’accusarono di essere andato subito a casa dopo il rilascio e di aver parlato con i suoi amici di partito invece che con loro.

R. Fra i primi a visitarmi fu Maurizio Valenzi, comunista, allora sindaco di Napoli. Voleva sapere se le bierre mi avevano chiesto di lui. E mi propose una vacanza in Russia. I magistrati arrivarono a casa mia tre ore dopo Gava e Flaminio Piccoli, che erano venuti da Roma. Ero sfinito, il medico proibì l’interrogatorio.

D. Lei ha dichiarato e poi smentito che in quaranta cartelle consegnate a un notaio c’è tutta la verità. È vero o no?

R. Avevo in animo di consegnare un documento a un notaio perchè temevo di essere ucciso. Ma non l’ho mai fatto.

D. Ha detto di aver paura per la sua vita.

R. Ma no, ho detto di aver paura dei giornalisti che a volte travisano le parole.

D. Ora Senzani è libero: potrebbe svelare i misteri del caso Cirillo.

R. Quali misteri?

D. Per esempio, il vero ruolo svolto dal boss Cutolo nella trattativa.

R. Cutolo non l’ho mai conosciuto. Pensare che il vecchio Silvio Gava possa essersi mosso per andare a trattare con un boss mi fa sorridere.

D. E i Servizi segreti?

R. A chi avrebbero dovuto rivolgersi se non alla malavita? Del resto, tra loro c’erano già rapporti. Gli affari criminali languivano, Cutolo aveva interesse che il sequestro fosse risolto.

D. La camorra ha ricevuto denaro.

R. Lo escludo.

D. Perchè?

Anni dopo Cutolo ha bussato a soldi con me, lamentandosi di non aver percepito una lira per la mia liberazione.

D. Lei ha pagato?

R. Non scherziamo.

D. Senzani libero: ha voglia di incontrarlo?

R. No.

D. Perchè?

Non mi piace che uno che ha commesso i suoi reati sia libero. Non mi piace che nessuno in Italia si indigni. Né che gli sia consentito di visitare le carceri. E che abbia perfino ricevuto finanziamenti dalla Cassa per il Mezzogiorno per aprire un ufficio studi nella stessa strada dove abitavo qui a Torre del Greco.

D. E gli altri carcerieri?

R. Ho perdonato Aprea e la moglie quando lei è rimasta incinta e chiedeva di uscire dal carcere. Ricordo che mi infastidiva che i magistrati mi sollecitassero tanto perchè firmassi subito il perdono. Pretesi almeno le scuse. Che arrivarono.

D. Li ha più rivisti?

R. In occasione di un test durante le indagini. A loro due i magistrati offrirono da bere. Bevvi anch’io con loro.

D. Le apparvero turbati?

Per niente.

D. E le famiglie delle vittime?

R. Con loro lo Stato si è comportato male. Troppi anni sono trascorsi prima che alla figlia del maresciallo ucciso fosse concesso un lavoro in Regione Campania. Al mio segretario, ferito alle gambe, non è stato riconosciuto risarcimento.

D. Perchè?

R. Dissero che quella sera non risultava in servizio.

D. Lei come si sarebbe comportato al posto di Gava e Piccoli?

R. Gava mi confidò di aver ottenuto il via libera dal Vaticano: se serve a salvare una vita, gli dissero, si paghi pure.

D. Prova rimorso per quel denaro che servì poi a uccidere?

R. Ero prigioniero, non fui io a decidere. Ma io so che sarei stato liberato anche senza quel pagamento, che fu chiesto quando il mio rilascio era già stato deciso. Ecco, il mio cruccio è di non aver potuto comunicarlo a chi stava raccogliendo il denaro.

D. Teme ancora il terrorismo?

Mai abbassare la guardia. C’è stata troppa clemenza.

D. Che sogni fa, presidente?

R. Sogno spesso Giovanni Leone che mi riceve al Quirinale. E mi ricordo i sogni fatti nelle notti da prigioniero. Vedevo l’immagine della madonna di Pompei. E quella di mio fratello sacerdote. E che riuscivo a fuggire dal covo. E a tornare a casa.

D. Sulla porta per i saluti, ”assalto” finale: la verità, presidente. Quanta verità ancora manca?

R. Mancano alcuni episodi.

D. Significativi?

R. Sì.

D. Sul sequestro o sul dopo-sequestro?

R. Soprattutto sul dopo.

 

di Enzo Ciaccio (Lettera43.it Venerdì, 21 Gennaio 2011)