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Corteo eversivo, imbrattati i muri della città
04/06/2007 - Il Centro - Marina Marinucci
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Corteo eversivo, imbrattati i muri della città
Slogan offensivi e inneggianti alle brigate rosse. Fra i manifestanti anche Petrilli (Prc)

Marina Marinucci

«Più vedove, più orfani, più sbirri morti». E ancora: «10, 100, 1000 Nassirya» e «Contro ogni carcere 10, 100, 1000 Raciti». E poi: «Biagi non pedala più». Questi alcuni dei vergognosi slogan gridati dai 200 manifestanti dell’area movimentista-eversiva, ieri all’Aquila per protestare contro il “carcere duro”. Contro quel 41 bis dal 2005 esteso anche ai reati di terrorismo. Un corteo, con sit-in finale davanti al carcere delle Costarelle, che ha lasciato traccia del suo passaggio in città. Tanti i palazzi del centro storico imbrattati con scritte contro lo Stato, il Papa, le vittime del terrorismo e le guerre imperialiste.

Ma i temuti incidenti non ci sono stati anche grazie all’imponente spiegamento delle forze dell’ordine che hanno letteralmente blindato la città.

L’appuntamento era alla Fontana Luminosa. Qui, intorno alle 10, sono arrivati i primi gruppi di manifestanti provenienti da Milano, Padova, Roma e poi ancora da Napoli, Pescara e dalla Puglia. Ma ad attenderli non c’erano “compagni noti” dell’Aquila, se non il solo Giulio Petrilli (fino a qualche settimana fa segretario di Rifondazione comunista) che ricopre - su nomina della Regione - l’incarico, da 2.500 euro lordi al mese, di presidente dell’Aret (azienda per l’edilizia territoriale). Una partecipazione che, visti i contenuti e i toni della manifestazione, non mancherà di suscitare aspre polemiche.

L’obiettivo dei manifestanti, tutti aderenti ai movimenti “Olga” “Carc” e “Soccorso rosso”, è l’abolizione del carcere duro che viene applicato non solo ai boss e agli affiliati di mafia, camorra e ’ndrangheta, ma anche ai terroristi come Nadia Desdemona Lioce, leader delle Nuove Br, condannata per gli omicidi Biagi e D’Antona. Una condanna che la Lioce sta scontando in regime di 41 bis proprio nel carcere aquilano delle Costarelle. Ed è qui, a una decina di chilometri dalla città, che gli appartenenti all’area movimentista-eversiva si sono spostati dopo aver sfilato in corteo per le vie del centro storico.

Un “passaggio” in città testimoniato dalle tante scritte offensive apparse sui muri. Nel mirino lo Stato, il Vaticano, i giornalisti e le forze dell’ordine. E poi le scritte inneggianti al terrorismo.

A Preturo, i 200 manifestanti, tenuti sempre sotto stretta sorveglianza, si sono accampati in un prato adiacente al carcere. Hanno divelto una rete, esploso petardi e “sparato” fumogeni per richiamare l’attenzione dei detenuti definiti «vittime dello Stato». «Libertà per i prigionieri, Lioce libera» hanno gridato, dando del «boia e dell’infame» a chi è dall’altra parte della barricata, collaboratori di giustizia inclusi. Così l’eroe del giorno è diventato Carmine Chirillo, il boss della ’ndrangheta che si è suicidato in carcere proprio alla vigilia della manifestazione.

E dalle celle, quelle all’ultimo piano delle Costarelle, qualcuno ha sventolato indumenti di colore rosso e delle magliette bianche. Gesti che hanno finito per gasare ancora di più i manifestanti che hanno continuato ad intonare cori farneticanti. A metter fine in anticipo al raduno ci ha pensato la pioggia. Sul prato “occupato” sono rimasti gli striscioni rossi con impressa un’inquietante stella a cinque punte. Non il simbolo con il quale le Br hanno firmato le loro tante condanne a morte, ma qualcosa di molto somigliante.

In quanto alle scritte sui muri, il Comune ha già coperto quelle meno edificanti. Ma ogni fase della manifestazione è stata filmata. Così assicura la questura che, coadiuvata da agenti della Digos arrivati dalle città di provenienza dei manifestanti, afferma di «sapere già a chi indirizzare ogni eventuale denuncia».

Restano invece le polemiche roventi per una manifestazione che ha scosso la città e le coscienze.

4 giugno 2007